La storia dei diritti delle donne è complicata e poco nota, soprattutto quella italiana, ma anche noi abbiamo avuto le nostre suffragiste o suffragette, (come preferite)
Dieci inattese suffragette italiane
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Era il 1906, a votare non erano in tanti, neanche tra gli uomini. I poveri non pagavano abbastanza tasse per guadagnarsi il privilegio di dire la loro e gli analfabeti non ne sapevano a sufficienza. E le donne? Le donne erano troppo volubili e fragili perché si ponesse il problema. Con queste premesse, la legge elettorale del 1906 dava il diritto di voto al 7% della popolazione.
Maria Montessori e l’idea di far iscrivere le maestre alle liste elettorali
La legge elettorale non proibiva espressamente alle donne il diritto di voto, forte di questa convinzione Maria Montessori, non solo pedagogista ma anche attivista per i diritti femminili, invitò le maestre a richiedere l’iscrizione nelle liste elettorali.
Stando alle norme, infatti, per potersi iscrivere, erano richiesti due principali requisiti:
- Essere alfabetizzati
- Pagare almeno 20 lire di tasse all’anno.
- Aver raggiunto i 25 anni di età
Quando la Montessori lancio questa sfida dal quotidiano “Vita”, alcune maestre la raccolsero e, fatto ancor più strano, gli uffici le inserirono.
In un momento in cui, anche in Italia, il movimento suffragista muoveva i suoi primi timidi passi, il comportamento di quelle insegnanti di campagna deve esser sembrato una dichiarazione di guerra ai Procuratori del re che, subito, fecero ricorso in corte d’Appello.
La loro iscrizione bene quindi cancellata ovunque tranne che a Senigallia, in provincia di Ancona, dove il giudice Ludovico Mortara, applicando lo statuto Albertino fedelmente, non trovò validi motivi per farlo.
Infatti, la costituzione stabiliva all’articolo 24, che
Tutti i regnicoli, qualunque sia il loro titolo o grado, sono eguali dinanzi alla legge. Tutti godono egualmente i diritti civili e politici, e sono ammissibili alle cariche civili, e militari, salve le eccezioni determinate dalle Leggi.
Mortara, si dichiarò personalmente contrario al voto alle donne, perché
non ancora matura la preparazione della maggioranza di esse,
ma, applicando “criteri puramente giuridici” dette un parere favorevole.
Nella sentenza, il giudice sostiene che il termine regnicoli, infatti sia il caso di un “maschile esteso”, come scrive lui stesso. Proprio grazie all’ambiguità dell’italiano e a quella tendenza per cui il maschile vince sempre, dieci maestre marchigiane si ritrovarono, elettrici, quasi per caso.
Come andò a finire la lotta delle maestre suffragiste
L’anno successivo, la Cassazione, a maggio, ribaltò quanto stabilito da Mortara e le maestre vennero cancellate dalle liste elettorali seconda
inconciliabilità tra le doti tipicamente femminili e i forti doveri dell’impegno politico
Eppure, il valore della lotta rimase e, segnò un’importante punto nella consapevolezza delle donne italiane e dei loro movimenti di emancipazione.