Scrivere una recensione su un libro di Margaret Atwood non è proprio cosa da poco. Certo l’autrice del best seller Il racconto dell’ancella non ha bisogno di presentazioni, ma non tutte le sue opere sono così note, anche se lo meriterebbero, tra queste c’è sicuramente Il canto di Penelope. Ma come si fa la recensione di un libro che non si riesce neppure a catalogare in un genere preciso? E di cui il Suday Times ha scritto
Potente come un incantesimo
e il New York times ha definito come fantastico?
Come la scrivo una recensione che non è proprio entusiastica? Beh, ci provo, lo stesso, fatemi sapere che ne pensate…
Il canto di Penelope, il libro in breve
Indice
La regina di Itaca, dal regno dei morti, parla direttamente, raccontando la sua versione della storia, anzi della mitologia. Non solo Ulisse, dunque, ma sua cugina Elena, le ancelle che la servivano e altri personaggi meno noti della vicenda prendono voce e dialogano con la protagonista.
Si viene così a creare una prospettiva nuova, femminile e che rende umani i personaggi omerici attraverso quel tono introspettivo e intimo, eppure così incisivo a cui la Atwood ha abituato i suoi lettori.
Il canto di Penelope, recensione completa
Dire che Il canto di Penelope è un retelling mitologico è forse limitativo, ma non si può nemmeno definirlo una pseudo autobiografia. Ognuna di queste definizioni è solo parziale, perché il romanzo della Atwood unisce le caratteristiche di ciascuno di questi generi e crea qualcosa di originale.
Il canto di Penelope, la trama
Margaret Atwood ci porta all’interno del mondo domestico di Penelope, quello che Omero ci descriveva solo in modo marginale e ci mostra una donna molto diversa dalla tradizione. Si scoprono così gli antefatti del matrimonio tra la donna della tela e il grande eroe, oltre ai rapporti con le ancelle, divenute sue confidenti in venti anni di solitudine.
Ulisse, viaggiatore anche post mortem, continua a tornare sulla terra in spoglie diverse e, tra un viaggio e l’altro, spesso accompagnato dalla bellissima Elena, si ricorda la moglie di quella moglie fedele con cui scambia qualche parola, prima di ripartire.
Consapevole disillusa, in questa analisi della propria vita terrena e post mortem, la regina, la donna che, da sola, ha allevato un figlio, tenuto testa ai pretendenti e trovato il modo di sopravvivere e gestire un regno si chiede
Cosa ho raccolto una volta che si è affermata la versione ufficiale?
Sono diventata un esempio edificante, un bastone con cui picchiare altre donne.
Il processo a Odisseo e l’interpretazione dell’uccisione delle ancelle
Il romanzo si chiude con un processo a Odisseo, voluto dalle ancelle che, al suo ritorno ad Itaca aveva ucciso per infedeltà. Le serve erano infatti colpevoli di aver avuto rapporti con i proci e, il grande eroe, riprendendo possesso della propria casa, amministra la sua giustizia sommaria anche verso di loro.Pur nella sua amara consapevolezza, Penelope, sembra non liberarsi mai del tutto della tendenza al giustificazionismo nei confronti del marito che continua a reincarnarsi, in una sorta di eterna sindrome di Stoccolma:
Ma lui parla sul serio. È sincero. Vuole davvero restare con me. Mentre me lo dice, piange poi una forza misteriosa lo strappa via. […]
Colpa delle ancelle le vede venire verso di noi, da lontano. Lo innervosiscono. Lo inquietano non vogliono essere da qualsiasi altra parte o con chiunque altro. «Perché non lo lasciate in pace?» gridò alle ancelle. Devo alzare la voce perché loro non permettono che mi avvicini. «È ora di smetterla, ha fatto penitenza appagato si è purificato!»
Un libro che racconta le contraddizioni e le complessità dell’essere donna in un mondo e in una storia pensata solo per gli uomini, sicuramente da leggere, ma che non riesce a raggiungere la potenza di altri dell’autrice e non mi riferisco solo noto capolavoro.Un po’ come dire che tra la “Divina Commedia” e il “De Vulgari Eloquentia”, prederisco la prima. Ma è obbligatorio scegliere?
P. S.
Se vi piacciono i retelling mitologici, qui trovate la recensione a Il canto di Calliope