Chi ha cucinato l’ultima cena, recensione

Chi ha cucinato l'ultima cena recensionoe

Chi ha cucinato l’ultima cena? Recensione di un saggio sulla storia al femminile

Chi ha cucinato l’ultima cena? – Storia femminile del mondo– è un saggio un po’ vecchiotto, uscito più di trent’anni fa (1988) in lingua inglese. In Italia ce ne sono voluti solo venti per accorgersi della sua esistenza.

Sarà perché rivede la storia in una prospettiva troppo innovativa, forse troppo per il momento in cui è stato scritto, o magari perché supera la solita retorica femminista che a volte rasenta il patriarcato al contrario o per la sua analisi delle principali religioni mondiali come strumento di controllo e indottrinamento in chiave antifemminista, o per un mix di tutti questi aspetti.

Comunque sia, il potere dei suggerimenti di lettura di Amazon, l’ha portato alla mia attenzione e me lo ha fatto riesumare dall’oblio.

Chi ha cucinato l’ultima cena? Il libro in breve

 

recensione-in-breve-chi-ha-cucinato-l'ultima-cenaGrazie al tono ironico e allo stile scorrevole, il libro si legge con la piacevolezza di un romanzo, nonostante sia scritto secondo la struttura argomentativa tipica di un saggio.

È strutturato in quattro diverse sezioni che seguono l’introduzione:

  • Parte 1: In Principio
  • Parte 2: La caduta della donna
  • Parte 3: Dominio e dominazione
  • Parte 4: La svolta

 

Recensione completa

Scrivere una recensione estesa di un saggio che Susan Byatt ha definito come

Uno dei migliori libri che abbia mai letto sulla storia delle donne

non è cosa da poco, ma cosa lo rende tale?

La sua visione d’insieme che affronta il tema della storia delle donne si vede chiaramente in ogni aspetto. L’autrice, supera la consueta analisi dell’oppressione patriarcale basata su concetti di matrice esclusivamente culturale e parte da una prospettiva  biologica ed evoluzionistica dell’animale homo, per arrivare al mondo contemporaneo.

In questo percorso, dati ricavati dalla sociologia e alla visione religiosa del femminile, si affiancano ad analisi della psicologia e di tesi molto care alla craniologia e altre pseudo-scienze ‘800, oltre che alla psicanalisi, come a dire che le giustificazioni dell’odio per la presunta inferiorità della donna cambiano forma, ma non sostanza.

Sul piano religioso, la visione della donna come causa del peccato originale è una interpretazione ormai nota, ma la Miles supera i confini che, di solito, si fissano, ossia i tre grandi monoteismi. Da ciò emerge una visione misogina e anti-femminile comune ai  maggiori sistemi di valori dal Buddismo al Confucianesimo, passando per alcune delle religioni tribali dell’Africa e dell’Asia.

Nell’analisi delle filosofie e dai sistemi di valori, non potevano mancare la psicanalisi e il cinema, vere e proprie religioni del XX secolo che hanno traghettato in chiave moderna concetti antichi o li hanno resi talmente quotidiani da non farli percepire alle donne come imposizioni.

In fondo, torturarsi con un paio di tacchi a spillo o cospargersi di cera bollente in nome di un ideale di femminilità a cui si “sceglie” di aderire non è poi così diverso dal portare un corsetto.

Nonostante le più che 300 pagine, l’originalità, la completezza e la buona scrittura rendono il saggio una lettura davvero piacevole.

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