Petrarca era uno stalker, il podcast

Petrarca era uno stalker podcast

Ascolta il podcast – Episodio 1: Breve storia di come mi è venuta l’idea di un podcast dal titolo “Petrarca era uno stalker”

Ascolta “Come mi è venuta l’idea di un podcast dal titolo “Petrarca era uno stalker”” su Spreaker.

Breve storia di come mi è venuta l’idea di un podcast dal titolo “Petrarca era uno stalker”

chiare, fresche e dolci acqueChe Petrarca fosse uno stalker, me lo disse, un po’ sul serio e un po’ per scherzo, uno studente a cui facevo ripetizioni, quando che gli spiegai “Chiare, fresche e dolci acque”. Ma c’è del vero dietro a alla battuta di un sedicenne?

Non lo so, ho studiato solo comunicazione, non sono letterata. L’unica cosa che mi hanno insegnato è leggere tra le righe e scrivere cose che nessuno vuol sentire, di quelle che a dirle per come stanno, si fomenterebbe una rivolta. E allora che si fa? Si infiocchettano in modo che siano accettabili, che passino inosservate. Anzi, di più, le si modifica finché non diventino slogan, modi di dire ripetuti in automatico che hanno perso il significato originale e sono diventati innocui, o magari utili per vendere più prodotti.

Quindi se Petrarca era uno stalker non lo so e non tocca a me dirlo, ma mi viene da chiedermi: Petrarca scriveva di Laura, Dante di Beatrice e Boccaccio di Fiammetta, ma loro, le muse dico, che ne pensavano?

Purtroppo, a questa domanda so rispondere meno che alla prima, anche perché non ho mai letto l’opinione delle dirette interessate. Si sa, il tempo cancella molte cose e molte voci, soprattutto se femminili. In passato non era come oggi che le donne sono dappertutto e sbraitano ovunque senza che nessuno possa dire niente.

Vi ricordate per esempio quando Michela Murgia innervosì il povero dottor Morelli? Quella sproloquiava e lui, poveretto, le rispose esasperato: «Stai zitta e ascolta!». Di che si lamenta? Su quell’episodio lei c’ha scritto un libro e che a marzo 2021 aveva venduto più di 10300 copie, una delle quali è finita pure nel mio Kindle. Quindi che vuole, quella?

E poi le donne sono oggetto di conversazione un po’ dappertutto. Al bar sotto casa si commenta il loro abbigliamento. Nei talk show, gruppi di uomini discutono della loro condizione lavorativa, familiare o politica e qualche insigne personaggio, ogni tanto, cede all’irrefrenabile impulso di fare valutazioni su di loro.

Dai tempi di Petrarca, insomma, le donne sono oggetto di conversazione. Sono oggetto.

E come erano queste donne oggetto ai tempi di Petrarca? Idealizzate, innalzate a angeli biondi con gli occhi meravigliosi e “strumenti che avvicinano l’uomo a Dio”. Erano sacri, perfetti, strumenti. Non lo dico io, eh ma qualunque libro di letteratura.

Ne ho sfogliati diversi, frutto del sudore di fior fiori di filologi e critici come Luperini, Cataldi, Pazzaglia, Conti o Sacco, tutta quella gente che ha scritto la storia della letteratura ed è di certo più qualificata di me.

Lo ripeto io ho fatto solo scienze della colazione, come dicevano gli studenti di lettere moderne e tra un esame inutile e un altro, ho imparato a riconoscere gli slogan. Non dico a scriverli, ci mancherebbe, ma almeno a riconoscerli sì. Quindi mi azzardo a dire che quel meraviglioso concetto che a scuola ci hanno insegnato con il nome di “donna angelo” è uno slogan, uno dei meglio riusciti della storia.

Lo slogan della donna angelo

Chi me lo dice che donna angelo è uno slogan? La Treccani che definisce slogan come:

Breve frase, incisiva e sintetica, per lo più coniata a fini pubblicitarî o di propaganda politica, che, per ottenere un effetto immediato ed essere facilmente memorizzabile, si avvale spesso di accorgimenti ritmici, della rima, di assonanze o allitterazioni, oppure è esemplata secondo lo schema usuale dei proverbî”.

donna angelo“Donna Angelo” sono due parole in un’unica espressione, breve, che insieme hanno un significato più ampio e riduco un concetto complesso a un modo di dire facilmente memorizzabile. Tutto questo giro di parole non è altro che la definizione di slogan, non la mia, ma quella che dà la Treccani, appunto.

E che c’è dietro allo slogan della donna angelo?

Prendiamo uno dei più famosi sonetti del caro Petrarca “Erano i capei d’oro a l’aura sparsi” che, tra l’altro, è pure il primo verso della poesia, dedicata, manco a dirlo, a Laura. Il suo nome compare tra le righe, scritto come l’aura, un gioco di parole che nomina sia la donna che il vento che le intriga i capelli.

Anche questa interpretazione la danno e la sanno più o meno tutti. Comunque, Lauretta sua, bimba adorata, era bionda e aveva gli occhi belli. E anche sulla meraviglia dello sguardo non mi invento niente, sto zitta e ascolto chi ne sa più di me, come disse Morelli.

e ’l vago lume oltra misura ardea
di quei begli occhi, ch’or ne son sì scarsi;

Quindi gli occhi di Laura sono luminosi e belli. Certo, il poeta lo dice meglio e aggiunge anche qualcosa in più. Quegli occhi, che facevano più luce di un faretto da stadio, non sono poi così luminosi, perché Laura è invecchiata, ma non vi preoccupate lui l’ama lo stesso eh. Che uomo di nobili principi sarebbe, altrimenti?

Che l’amore continua ce lo dice in fondo alla poesia, con una metafora un po’ arzigogolata che è comunque un verso meraviglioso sulle pene d’amore.

piagha per allentar d’arco non sana.

La piaga sarebbe la ferita, quella di una freccia a voler essere precisi, che non guarisce, non sana, scrive Petrarca, solo perché la corda dell’arco che l’ha inflitta è stata allentata. Tradotto, Francesco soffre per amore. e il dolore non svanisce, anche se chi l’ha provocato si trasforma. Tutto il concetto, forse è più chiaro se ci rileggiamo l’intera terzina:

uno spirto celeste, un vivo sole
fu quel ch’i’ vidi: e se non fosse or tale,
piagha per allentar d’arco non sana

Altro che faretto da stadio, Franceschetto nostro ha visto il sole, un angelo, anche se “spirito celeste” suona meglio.

di sole e d'azzurroChe bella immagine, talmente meravigliosa che nel 2001 Giorgia, la cantante, non la politica, ci ha venduto un paio di dischi, semplicemente ripulendo un po’ le parole dalla polvere delle biblioteche. Ve lo ricordate “Di sole e d’azzurro”? Sono passati vent’anni e il testo è finito in qualche cassetto della memoria accanto, al numero del cerca-persone che usavamo nel 1993, ma il ritornello forse riusciamo a riesumarlo, altrimenti, ci affidiamo a internet et voilà.

Vorrei illuminarti l’anima
Nel blu dei giorni tuoi più fragili
Io ci sarò
Come una musica
Come domenica
Di sole e d’azzurro

Bella strofa. L’ho massacrata a squarciagola nelle serate tra amiche, da adolescente, mentre mi struggevo per quel ragazzo che non mi voleva, un po’ come Petrarca che moriva dietro alla bionda che non se lo considerava nemmeno da lontano.

Qual è il punto del podcast?

Il punto è che io massacravo Giorgia e i Queen, i Pink Floyd e Ron, ma non davo fastidio a nessuno, se non al mio vicino di casa, mentre Petrarca creava l’idea dell’amore romantico e della donna perfetta che sono sopravvissute nei secoli, fino a dare forma a una giovane, bionda, che appare come una incarnazione divina e che sconvolge l’animo sensibile del grande poeta, lo illumina di sole e d’azzurro.

Gente più colta di me vi direbbe che Giorgia ha fatto una canzonetta riprendendo un sistema culturale millenario che idealizza la donna e la rende oggetto.

Intendiamoci, anche dal basso della mia ignoranza ci arrivo a capire che lui, Petrarca dico, vuole omaggiarla, che siamo in un momento storico diverso e che la storia col senno di poi, non si fa, ma questa idea di donna e di amore hanno fatto scuola.

Barbie e KenIl povero Francesco, non fa altro che trasformare il suo dolore in una lirica che è certo una soluzione migliore di quella scelta da Van Gogh quando si tagliò l’orecchio per Gaugin, almeno secondo la leggenda. Eppure, Laura è l’antenata della biondissima barbie con gli occhi grandi e verdi, giovane, innamorata per sempre di un Ken perfetto e muscoloso.

E se Barbie non volesse più Ken o se lui si innamorasse di un’altra? O di un altro? Non possono, l’amore non finisce mai ce lo dice Francesco nell’ultimo verso e dal dolore di un poeta al “finché morte non ci separi” il passo è breve.

Ah, così, tanto per puntualizzare, Laura aveva detto no.

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