Mele, favole e racconti

Cari lettori e appassionati di favole, questo post è abbastanza lungo perché, anche se ho cercato di sintetizzare il più possibile, il rapporto tra miti, fiabe, racconti e mele è longevo e travagliato. L’origine della mela come oggetto magico, infatti, è molto antica. Il video che segue è la versione veloce e coincisa dell’intero articolo. Per i più coraggiosi continuate pure nella lettura del rapporto tra mele e favole

Di per sé si tratta di un frutto originario dell’Asia centrale che giunse nell’antico Egitto attraverso il Medio Oriente e dalla terra dei faraoni passò a quella dei filosofi, la Grecia, dove venne chiamata μῆλον [melon]. Il termine indica in realtà qualsiasi frutto dalla buccia sottile e dal sapore dolce; lo potremmo oggi tradurre con un generico pomo, ossia frutto rotondo e zuccherino o quanto meno dal buon sapore, se non addirittura semplicemente con frutto.

Se noi oggi leggiamo le favole, gli antichi si raccontavano i miti che, oltre ad essere le spiegazioni sovrannaturali di fenomeni altrimenti inspiegabili, erano anche le fiabe del loro tempo.

Mele e miti

Il mito più noto sulle mele è sicuramente quello delle nozze di Peleo e Teti. Al matrimonio tra la ninfa ed il Padre di Achille non era stata invitata la dea della discordia proprio per permettere che tutto filasse liscio e non ci fossero dissapori promossi dalla divina seminatrice di disaccordi. Ma la Signora trovò comunque il modo di gettare scompiglio, uno scompiglio talmente grande da originare la guerra di Troia, la devastazione della città, e molte altre peripezie che coinvolsero eroi del calibro di Ulisse, Enea, Ettore, Agamennone e molti altri.

Infatti, scagliando sul banchetto nuziale una mela dorata con inciso “alla più bella”, fece nascere una accesissima disputa tra Era, Atena e Afrodite. Le tre divine chiesero al Padre degli dei di prendere una decisione. Che una donna offesa non sia facile da trattare non è un mistero per nessuno, due e con poteri praticamente infiniti diventavano un problema non secondario anche per Zeus; e proprio Zeus vide bene di passare la patata bollente a Paride, principe troiano e uomo più bello al mondo. Quando la dea dell’amore fu proclamata vincitrice della contesa, ricompensò il giudice facendo innamorare di lui Elena, donna di fascino pari al suo. Peccato che Elena fosse sposata con un Re acheo, Menelao, che partì, insieme a tutti gli altri sovrani dell’Ellade alla volta di Troia, distrutta dopo appena dieci anni di assedio.

Altri dieci anni servirono ad Ulisse per tornare a casa, poiché era osteggiato da Poseidone, dio del mare. Anche se il ritorno in patria dei vincitori fu lungo e travagliato, ai pochi superstiti della città distrutta non andò meglio. Enea, eroe troiano, non ebbe certo vita facile per giungere sulle sponde del Lazio e fondare Roma: a ostacolarlo fu proprio Era, ancora offesa non solo con Paride, ma con tutti suoi concittadini per essere stata scartata in quell’olimpico concorso di bellezza. Mi fermò qui, ma si potrebbero ancora scrivere miti, favole e aneddoti collegati a quella benedetta mela d’oro che raggiungono Romolo e Remo, Agamennone e il suo ritorno a casa da cui sono nate tragedie ed intere saghe epiche, per arrivare fino a Dante con tutte le conseguenze del caso.

I pomi d’oro e l’11° fatica di Ercole

Riguardo a mele e mitologia vi sono molte altre storie, sicuramente merita di essere menzionata la penultima fatica di Ercole in cui l’eroe doveva rubare i pomi d’oro dal giardino delle Esperidi.

Ripensando a questa favolosa impresa si associano i pomi con le mele, anche se, probabilmente si trattava di limoni, cosa di cui ci si rende facilmente conto se si considera il colore dei frutti, proprio a dimostrare che, in realtà i pomi, nei miti come nelle fiabe indicavano spesso generici frutti.

Con l’arrivo delle mele a Roma e con la creazione dell’impero, il termine greco divenne malum in latino alto o melum in lingua popolare, infatti noi oggi diciamo mela e non mala!

Favole, religione e miti

Tuttavia, poiché il latino utilizzato per scrive si basava sul registro alto e non certo sulla lingua del popolo, nei testi, si diffuse malum, spesso anche nei racconti per bambini nelle favole

Adesso la storia delle mele passa dalle favole alla religione, infatti quando il sovrano Ellenistico del regno d’Egitto, Tolomeo Filadelfo, incaricò 72 saggi che lavoravano alla biblioteca di Alessandria di tradurre la bibbia in Greco, il frutto dell’albero della conoscenza fu indicato con μῆλον. (Anche la storia di questa traduzione ha del favoloso, se vi interessa ecco qui la versione completa).

Adamo- Eva

Passando dal greco al latino, μῆλον utilizzato nel senso di frutto, fu tradotto come malum. Il termine in lingua romana è anche la forma neutra dell’aggettivo mallus, ossia malvagio. Semplificando il più possibile, possiamo pensare che i romani utilizzassero gli aggettivi neutri per indicare le parole astratte collegate ad una qualità e quindi malum designava la cattiveria. Chiamare il frutto del peccato originale con la stessa parola usata per definire la malignità fu un’opportunità che i traduttori non vollero e non poterono farsi scappare.

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Così la mela divenne l’incarnazione del male e finì per essere associata ad esso anche nelle fiabe e a Biancaneve toccò mangiarne una avvelenata.